L’assassino di manichini 4

…respiro…
 
fa freddo la mattina in questa stagione… però oggi è il grande giorno… l’ultimo piano della fabbrica abbandonata ormai ospita 47 corpi che hanno subito la mia giusta ira.. ma ancora non sono soddisfatto.. la violenza chiama violenza, e ho non ho finito di sporcarmi le mani.
Il caffè caldo nel bicchiere di carta non basta a scaldarmi da solo.. però oggi è una bella giornata.. cazzo questo furgone è troppo freddo.. si fa fatica a guidare con i guanti.. però ques’aria pungente mi tiene ben sveglio, va bene così.
 
il furgone davanti a me riparte, lo seguo. No bello non ti lascio andare, e sopratutto non mi vedi, ecco.. si.. ti sto dietro e non ti mollo.. la strada è ghiacciata in alcuni tratti, devo fare attenzione..
 
Un altra fabbrica.
Ma questa è una fabbrica viva, non è una fabbrica come la mia, qui i macchinari vanno, l’entrata è sorvegiliata solo da un custode.. bene. Mi fermo qui. dopo la chiusura verrò a trovarvi..
E così è da qui che vengono tutti quei danntai immobilisti.. beh mi pare una bella ironia.. nascono in una fabbrica, e moriranno in una fabbrica.. morta, come si fa a nascere in una fabbrica? e se i modelli dei nostri ragazzi sono degli esseri nati in fabbrica, prefabbricati.. cosa dobbiamo aspettarci dal futuro? ho sonno devo dormire.. dormire non è mai una perdita di tempo.. i vecchi come me si rifugiano nei sogni per sopravvivere e per conservare la propria umanità.. i giovani imitano.. ma chi imitano? dei tizi con una testa vuota, teste di legno, statici.. modelli statici per una società statica, forse non ci meritiamo nulla di più.. però i nostri ragazzi non si meritano due modelli da buttare, così io glieli distruggerò.. o almeno… gliene distruggerò uno, l’altro l’hanno già abbandonato, magari se ne troveranno uno migliore.. o magari se ne costruiranno uno loro.. sarebbe bellissimo.. come un sogno.. che sogno… io.. ora.. sogno…
 
mi prude il naso… mi sveglio. Il sole è quasi tramontato, i cancelli della fabbrica sono chiusi, è ora.
la fabbrica non è molto sorvegliata, riesco ad entrare senza problemi.. mi aggiro neglii angar dove sono riposte le macchine… macchine che partoriscono… ma cosa può partorire una macchina? che persona può venire fuori da una macchina? che mondo sarà se anche noi un giorno nasceremo solo dalle macchine, come i modelli dei nostri ragazzi… beh cara macchina madre, quello di oggi è stato il tuo ultimo parto..
Sento il metallo, la plastica e il vetro che cedono sotto i colpi della mia mazza da baseballno basta, la macchina è troppo resistente, è troppo dura… posiziono dell’esplosivo.. non è molto potente, ma è sufficente a far cedere il metallo, è sufficente a rendere inutilizzabile la macchina.. non partorirai più ragazzona di metallo..
Ora è solo un ammasso di lamiere fumante.. non mi fa pena, non aveva nemmeno la forma umanoide dei suoi figli..
continuo a guardarmi in giro, ecco… questo è un altro reparto che mi interessa… il magazzino… sono tanti… non mi fanno paura.. anzi.. mi fanno uno strano effetto, quelli impacchettati mi fanno pensare che non sono ancora nati, e gli altri sembrano spenti, non hanno ancora dei bei vestiti addosso.. e non sono ancora ammirati da nessuno.. eppure eccoli li pronti a sostituirne altri uguali.. nessuno se ne accorgerà vanno e vengono, e sono tutti uguali, se si da un occhiata al mercato musicale ci si accorge che è un sistema copiato da questo..
 
ne carico il più possibile sul furgone.. poi spargo benzina su quelli che restano li.. hanno freddo.. tra poco non avranno più freddo.. accendo un fiammifero.. ci metto poco a lasciarlo cadere in una pozzanghera di benziana che ho fatto vicino all’uscita.. ci vuole ancora meno a farmi uscire dalla fabbrica, sono già al volante, molto freddo rispetto alla fabbrica ora.
Ora sono già lontano..
Ora sono già alla mia fabbrica..
i corpi che ho nel furgone non saranno il modello di nessuno..
ma saranno nelle mie mani a breve..
 
li scarico uno alla volta, e uno alla volta li porto nella fabbrica, ma prima di raggiungere i piani altri dovranno passare per le mie mani, uno alla volta…
 
incomincerò da questo… sembri pronto per una vetrina.. beh ora sei tra le mie mani, ora sei mio…
la musica comincia a suonarmi in testa mentre sottopongo il primo corpo al mio trattamento… un trattamento che non dimenticherà mai…
un trattamento fatto di ammaccature, scintille fiamme e tanto tanto altro..
sono sudato mentre sferro i miei colpi, ho caldo, ma sono soddisfatto, è davvero gratificante…
 
…respiro…
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L’assassino di manichini 3

Driiiiiiiin…
Driiiiiiiin…
Driiiiiiiin…
 
"Pronto.. Di nuovo.. Arrivo…"
 
Odio quando il telefono squilla e sono ancora sotto le coperte. e odio ancora di più quando all’altro capo del telefono c’è qualcuno della stazione di polizia che mi chiama per tracciare il profilo di qualche squilibrato… manichini in divisa che mi aspettano alla stazione di polizia, gente vuota, che mi consegna mi molla i dati del caso appena entro, e mi indica l’ufficio del commissario, gente che con questa scusa non aspeta altro che guardarmi la mini sperando che lo spacco lasci sfuggire quel tanto di coscia che altrimenti resterebbe coperta, gente che mentre mi parla o con cui mentre parlo, appoggia lo sguardo sul mio petto, lo infila nel mio decolté non potendo infilarci le mani, gente che mi parla ma non mi dice niente "vuoi uscire?", "Prendiamo un caffé?", "ti posso riaccompagnare a casa…" per lavoro, per lavoro, è gente professionale ma sta volta li fotto tutti vengo con jeans e maglione a collo alto, fa freddo e non intendo solleticare nemmeno per scherzo le tue fantasie manichino in divisa che non sei altro! e non me ne frega un cazzo se dirigi il traffico o se sei il commissario..
 
Ecco l’aria fredda che accarezza le guance..
ecco il commissariato,
ecco il capo.. che mi porge le carte..
ecco le carte.. dello squilibrato del giorno.. che abbiamo qui intorno?
 
un tizo che rompe le vetrine e ruba dei manichini lasciando sul posto quello che hanno addosso…
probabilmente gli agenti saranno in pensiero per la sorte dei loro simili… beh chissà che ci vuol fare con tutti quei manichini, magari è un maniaco e li violenta, magari li elimina perchè ne è inquietato, no… questo no, altrimenti sarebbero stati ritrovati.. magari li vuole rivendere.. insomma che ci fai con tutti sti manchini..? forse ci sfoghi la tua frustrazione…
 
In ogni caso non mi sta tanto antipatico, probabilmente hai i tuoi buoni motivi, e se scarichi la tua frustrazione su un manichino sei molto più sano di quelli che frustrati sul luogo di lavoro si sfogano facendo casino allo stadio o picchiando moglie e/o figli.. se ti sfoghi su dei manichini ha già trovato un ottima cura per il tuo dramma, ma la società non ammette un simile cimitero di vetrine, preferirebbe picchiassi tua moglie e i tuoi figli, l’importante è che nessuno se ne accorga, l’importante è che le tue perversioni te le tieni per te, non importa quello che fai, l’importante è quello che fai in presenza di altri… ma non intralciare le attività commerciali, non intralciare l’economia.. se lo fai sei pericoloso, se lo fai devi essere fermato, arrestato…
vediamo che combinerai e vediamo se riesco a trovarti. mi piacerebbe conoscerti prima di farti arrestare..
 
"commissario, ancora ci sono pochi elementi per tracciare una personalità del soggetto, di sicuro ci saranno una o due evoluzioni della situazione, ma stia tranquillo dovremmo rieuscire a capire che tipo è.. ora come ora sembrerebbe un frustrato o un maniaco pervertito…"
 
"pensa ci sia la possibilità di recuperare i manichini rubati…"
 
sapevo che erano preoccupati per i loro simili… non preoccuparti commissario se sono ancora vivi li rivedrai i tuoi cari fantocci..
 
"è ancora presto per dirlo commissario, ma se le sue uniche vittime restano manichini può stare tranquillo"
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L’assassino di manichini 2

Erano giorni che passavo davanti a quella vetrina. Ed era sempre li, nel suo corpo statuario.. Mi fissava con superbia, senza lasciare trasparire pensiero.. Fermo ed arrogante.. ogni giorno aveva un vestito più bello, più nuovo, eppure era uguale e diverso a tutti gli altri.. e io non lo sopportavo, non riuscivo a concepire che fosse tanto sicuro di se. Lui che non era in grado di formulare un pensiero, aveva privilegi che io non avrei mai avuto.
Le ragazze e i ragazzi più giovani e vuoti lo fissavano con ammirazione domandandosi, forse, se anche loro sarebbero mai riusciti ad essere tanto vuoti, era il loro modello ideale: vestiva alla moda, era immobile sotto una musica da discoteca, superbo, e superiore alla folla che ogni giorno gli passava davanti fermandosi ad ammirarlo senza poterlo toccare. Un divo inarrivabile.
Una sera non potei più soffrirlo, parcheggiai la macchina vicino al negozio, in una via perpendicolare, un cappucio in testa e una mazza di ferro che infranse il vetro che ci separava. In due secondi lo avevo denudato, ed era come immaginavo: non era ne carne ne pesce, non aveva le palle, ma nemmeno altro li, solo una vaga protuberanza.. in compenso aveva un petto strano, non si capiva se erano pettorali o seni.. lo caricai in spalla, e corsi verso la macchina in meno di 2 minuti eravamo già lontani.. ma con lui avevo solo iniziato, avrebbe pagato caro il mio malessere..
Lo portai ad una fabbrica abbandonata… la neve cadeva lenta intorno a noi, e mi piaceva trascinare quel corpo nudo nella neve. piccoli pezzi di ghiaccio lo graffiavano piano. una volta dentro lo legai ad una sedia, estrassi il coltello ed iniziai a torturarlo sfregiandolo in ogni parte del corpo, aveva una pelle dura.. ma ad ogni coltellata vedevo le schegge che volvano ovunque. Lo presi anche a pugni. A Calci. Ma non era soddisfacente.. non quanto avrei voluto almeno; certo ormai era pieno di tagli. lo lasciai privo di sensi legato ad una sedia con la testa ciondolante. Andai a prendere della marmellata di ciliege, della salsa di pomodoro, e del pennarelli. Per prima cosa colorai le ferite che avevo provocato e poi li feci grondare con la salsa di pomodoro e con la marmellata.
 
Alla fine ero davvero soddisfatto. Ora si che aveva l’aspetto di uno che aveva pagato il suo debito.
Me lo caricai in spalla e lo portai fino all’ultimo piano della fabbrica abbandonata, e dopo aver tagliato un rettangolo di celofan lo deposi. ero stanco ma soddisfatto e la luce del tramonto mi confermava che avevo fatto bene. la luce del tramonto mi inondava, riducendo la mia ombra ad esile filo. Fumai una sigaretta, era stato inebriante.. una vendetta compiuta… una violenza giustificata.. un potere immenso di vita e di morte su una creatura dalla pelle più dura della mia.
 
decisi di rifarlo.. perchè altri come lui meritavano di essere sacrificati per saziare la mia sete di violenza e di giustizia.. la mia rabbia da troppo tempo sepolta.. la mia insana frustrazione… era solo il primo di una lunga serie, e non mi sarei fermato tanto presto.. adoravo quei corpi lacerati e distesi in quel piano illuminato dalla luce del tramonto. Li vedevo aumentare ogni volta, erano tutti stesi a terra, su di un rettangolo di celofan, deturpati al ritmo della mia musica mentale che solo io potevo sentire..
 
Ero già arrivato a 10 corpi e ancora non avevo finito..
Respiro..
Respiro e mi godo la luce del tramonto..
 
Respiro..
 
…..è ora di tornare a casa… ma sto pensando a qualcosa di più grande per il futuro.. ma prima cadranno molti altri corpi per mia mano, molti altri oltre a questi..
molti altri…
 
Respiro..
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L’assassino di manichini 1

Dalla botola giungevano molti rumori.. lamenti.. latenti..
d’un tratto spuntava un corpo dilaniato che si accasciava con violenza sul pavimento.
Dal muro di vetro rivolto ad ovest l’ultimo sole di quella giornata d’inverno colorava di arancione le figure ne salone vuoto, in basso la periferia della città…
presto il corpo veniva spinto completamente fuori dalla botola, e dalla botola emergeva la figura longilinea che vista controluce sembrava sparire nel sole del tramonto, era affaticata stanca e provata… quel corpo era stato pesante da portare fino a quel piano alto della fabbrica abbandonata.
sul piano c’erano solo dei grandi celofan un scrivania e una sedia dalle gambe di metallo, l’uomo era fermo in piedi immobile a respirare, lasciando che la sua ombra si allungasse verso est.. sottile e lunga…
L’uomo sollevava il corpo, e lo trascinava fino alla scrivania… il rumore faceva la differenza nell’ampio spazio di quel piano abbandonato..
Arrivato alla scrivania l’uomo prendeva una forbice e tagliava un rettangolo dal celofan.. lo stendeva per terra infondo alla stanza.. tornava alla scrivania depositava le forbici.. riprendeva il corpo lacero e lo trascinava sul rettangolo di celofan… alla mia sinistra, come aveva fatto due giorni prima con me… poi si sedeva sulla sedia… e respirava… il corpo era pesante quella volta.. non era sempre così certe volte era più magro… pesava meno… quella volta era pesante… le gocce di sudore erano ancora immobili sul viso dell’uomo… mentre fissava la fine del tramonto… e così restava immobile, aspettando la fine del tramonto..
Ora il sole era calato.. l’uomo rivestiva l’impermeabile che lo aspettava pulito sullo schienale della sedia.
accendeva una sigaretta, e senza batter ciglio si immergeva di nuovo nel pavimento del piano attraverso la botola… e scendeva rapido nei meandri della fabbrica abbandonata.. ma dalla mia visuale questo no si vedeva.. si sentivano solo i rumori che emergevano sempre più lontani dalla botola, fino al rumore della porta della fabbrica che si chiudeva..
Poi era il silenzio immobile…
E buio.
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C’era una volta 9

chiedo scusa per il ritardo, ma ho dovuto operarmi di appendicite acuta, e il ricovero ospedaliero mi ha tenuto lontano dal web per un po’. Qui un altra avventura di RobertoPlant
 
C’era una volta un ragazzo di 16 anni, si chiamava RobertoPlant e sin da quando era piccolo aveva sempre avuto la passione per i treni.. e quel giorno il nostro RobertoPlant si trovava alla stazione, il cielo era scuro e c’era un po’ di nebbia… lo inebriava vedere i treni uscire dalla nebbia e riscomparire nella direzione opposta avevano del surreale e il surreale era uno stile che stimolava molto i pensieri di RobertoPlant, come quell’aria frizzantina che lo circondava del resto.
Allo stesso modo uscendo dalla stazione diretto a casa scomparì nella nebbia per ritrovarsi in un baleno a casa.. RobertoPlant avrebbe fatto volentieri due passi ma Orsacchiotto in quel periodo era in vena di scherzi. RobertoPlant un po’ meno, e quindi uscì di casa senza portarsi Orsacchiotto che tuttavia lo seguì infilandosi nello zaino senza farsi notare. RobertoPlant camminava per le strade della città ad un tratto si trovò a passare per il parco. Aveva qualcosa di espressionista il parco d’inverno, la statua vivente era era ancora li a fare il suo spettacolo. Gli alberi del parco, senza foglie, sembravano allargare i rami secchi e scuri formando una sorta corridoio, RobertoPlant si ritrovò a passarci in mezzo senza rendersene conto come sospinto da un misterioso venticello tiepido, una corrente d’aria tanto anomala quanto accogliente che sembrava cullarlo lungo il corridoio di rami. ad un tratto la strada iniziò a scendere, ed i rami iniziarono a cambiare, ora sembravano radici… erano radici ed il cielo non si vedeva più sopra la testa del Nostro, solo terra e radici. la strada iniziò ad essere tortuosa e RobertoPlant si trovò in un dedalo di corridoi sotterranei. Ad un tratto il cunicolo si allargò e RobertoPlant si trovò in un antro illuminto da candele dinnanzi ad una grande statua dietro ad un trono di pietra sul trono sedeva una dama vestita di bianco. era giovane e bella, proprio come la professoressa di storia che suppliva l’assenza del suo professore a scuola.. quella a cui doveva ancora portare i compiti del week end, quella strega noiosa a cui aveva bigiato l’ora di martedì. fu in quel momento che si destò dallo strano torpore, ma in quell’esatto momento due grosse porte si chiuserò alle sue spalle… la dama sul trono alzò la testa e si scagliò contro RobertoPlant: "TU! hai bigiato la lezione e non hai fatto i compiti! sei il ragazzo più indisponente che ho mai conosciuto!"
RobertoPlant rispose "ma tu chi sei veramente?"
"io sono la strega dell’inverno, detentrice del bianco manto! avevo deciso di trovarmi un lavoro che mi permettesse di uscire dal mio antro ogni tanto e ho pensato di venire ad insegnare Storia nel tuo liceo!"
"beh di lavori migliori ne poteva trovare allora.."
"Non hai idea di quanto sia stato difficile prendere quel lavoro! nonostante i miei grandi poteri meteromagici! la burocrazia degli uomini è disarmante anche per un entità superiore come me! e alla fine tutto questo per ritrovarmi uno studente strafottente ed ingnorante come te" e ora forza! prendi quel banco e quella sedia e fai tutti i compiti che non hai fatto!!"
e subito di fianco a RobertoPlant comparvero un banco, una sedia con dei libri, dei fogli di carta e una penna
"Forza" Siediti RobertoPlant!!! non te ne andrai di qui fino a quando non avrai finito i compiti correttamente"
RobertoPlant si sedette e si mise al lavoro, purtroppo non aveva scelta. Nonappena iniziò una palla di ghiaccio si legò con una catena alla caviglia destra di RobertoPlant
"quella palla si scioglierà quando avrai finito!"
rimase per ore prigioniero della strega il nostro RobertoPlant, immerso in ricerche ed esercizi storici, poi alla fine ci riuscì e circa 11 ore dopo l’inizio se ne andò libero dalla grotta, senza sapere bene più chi fosse ma con una conoscenza storica invidiabile.. raggiunta la superfice, l’aria frizzante del parco lo fece rinsavire e tornò a casa. Giunto a casa era stanco morto, e decise di andare a dormire.. ma appena chiuse gli occhi fu svegliato o così gli sembrò, credeva di aver dormito per un solo istante invece erano passate 5 ore e 42 minuti abbondanti, pochi comunque per le abitudini del Nostro, che si trovò vestito e pronto per andare a scuola dove ad aspettarlo in prima ora non c’era altri che la professoressa di storia per una verifica a sorpresa.
 
Le avventure di RobertoPlant si fermano per un po’ per dare spazio ad altri scritti, al prossimo intervento
 
ciaos
 
Giacomo Troppe Storie
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C’era una volta 8

C’era una volta 7 è rimasto esposto in testa alla pagina molto più di quanto meritasse, è il momento di scalzarlo:
 

Era una mattina di autunno piovosa e nebbiosa, RobertoPlant era malato, ed era rimasto a casa da solo, anche Orsacchiotto era uscito, credeva che a casa non sarebbe successo nulla, era convinto che RobertoPlant fosse interessante solo durante le interazioni con le altre persone. In fondo aveva ragione, perché con la febbre a casa RobertoPlant viaggiava solo con la fantasia, si era preparato la colazione di quando aveva 5 anni, una bella tazza fumante di latte, cacao e zucchero.. e dopo il primo sorso si ritrovò in una mattina di tanti anni prima… il latte e la tazza erano gli stessi, e anche il clima fuori era lo stesso, e anche la febbre era la stessa… solo che la casa non è quella in cui vive ora, è la casa di quando era bambino, quella in quella vecchia corte di periferia… allora finisce il latte, e inizia a girare per la casa, proprio come in quella mattina di tanti anni prima, la calma è soffice e calda, e si gode bene in contrasto con la calma fredda che lo guarda dalla finestra che da sul tetto della casa di fronte.. e ad un tratto, proprio come in quella mattina un gatto nero infreddolito si avvicina al davanzale miagolando, RobertoPlant quella mattina non aveva trovato il coraggio di lasciarlo fuori, la giornata era davvero fredda, allora ricordò di come da bambino aveva preso un’asciugamano e aveva aperto la finestra al gatto, anche se solo per poco, il gatto non ci aveva pensato due volte, era un randagio, felice di essere tale, RobertoPlant quella mattina lo aveva asciugato, aveva preso un piatto, e lo aveva riempito di latte, il gatto lo aveva bevuto tutto di gusto appoggiato ad un calorifero tiepido. RobertoPlant era rimasto incantato per tutta la mattina dinanzi a quel gatto, tanto educato dalla vita di strada, alla fine della mattina aveva riaperto la finestra e il gatto era sparito sui tetti salutando il suo inaspettato ospite…ogni tanto ripassava la notte, quando la civetta che abitava nel tetto cavo della casa di fronte era a caccia di topi.. è stato uno degli amici più liberi di RobertoPlant, e lui non lo avrebbe mai dimenticato, ogni stagione passava a trovare RobertoPlant, poi non lo aveva trovato più dopo che avevano cambiato casa. Certe mattine gli mancava l’urlo della civetta, e il miagolio di quel gatto. Quella mattina era vicino, ma fu sufficiente che passasse la febbre per tornare alla vita di tutti i giorni…e con la vita di tutti i giorni tornavano le cose di tutti i giorni.

 

spero lo abbiate preferito al numero 7 quantomeno…beh mi farete sapere, ciaos e alla prossima

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C’era una volta 7

Le foglie cambiavano colore e cadevano sotto la pioggia gelida d’autunno.. era una visione di morte che ogni anno si ripeteva fuori dalla finestra di RobertoPlant. Il cielo era capace di restare grigio per mesi, e non si capiva mai se dovesse piovere oppure no. Ogni mattina d’autunno RobertoPlant prima di uscire guardava il cielo, aveva un fissa: se non piove non prendo l’ombrello, il cielo si offenderebbe e mi pioverebbe addosso, se piove lo prendo, il cielo forse piangerà da un altra parte capendo di essere fastidioso… il problema era quando la madre di RobertoPlant ignara di questa sua fissa gli appioppava un ombrello quando non stava ancora piovendo.. in qui casi sarebbe piovuto tutto il giorno.. era permaloso il cielo su queste cose..
Quella mattina ovvimente non pioveva ma sotto quel cielo grigio la madre gli appioppò l’ombrello. Prima di uscire in strada RobertoPlant provò a nascondere nello zaino l’ombrello.. ma il cielo non si inganna e se ci provi si offende di più… …fu acqua a catinelle…
Era molto tempo che non usciva di casa senza Orsacchiotto, ma Orsacchiotto sosteneva che l’autunno era una stagione noiosa e fredda e preferiva osservarla dalla finestra, alcune volte raggiungeva a scuola RobertoPlant solo successivamene, e dormiva fino a tardi. RobertoPlant aveva provato qualche giorno prima a chiedere all’amico un varco iperspaziale per andare a scuola ma Orsacchiotto in preda al sonno gli aveva aperto un varco che lo portava nella piazza a tre Km da scuola e RobertoPlant per non rischiare di finire su un altro pianeta aveva deciso di andare a scuola con i mezzi senza svegliare Orsacchiotto.. Purtroppo il primo giorno sbagliò autobus e finì parecchio lontano da scuola… il secondo giorno prese l’autobus giusto, ma si addormentò e finì al capolinea.. il terzo giorno non era sicuro di aver preso l’autobus giusto il giorno prima e quindi nel dubbio sbagliò di nuovo linea… il quarto giorno invece prese il mezzo giusto e riuscì ad arrivare a scuola puntuale, anzi in anticipo, di un un ora, visti gli errori dei giorni precedenti aveva temuto di dover di nuovo correggere il percorso e quindi si era alzato in anticipo, per darsi un ora di eventuale correzione rotta.
Quel giorno in particolare arrivò a scuola bagnato.. l’ombrello lo aveva, ma quando si trovò ad attraversare la piazza un colpo di vento soffiato da un cielo offeso, glielo fece rovoltare, ora che riuscì a sistemarlo era fradicio. appena entrato a scuola si rese subito conto che le bidelle avevano esagerato con la segatura e dall’ingresso alla classe si trovò con la segatura che copriva piedi e gambe fino alle ginocchia.. era molto fastidioso avere i pantaloni pieni di segatura.. in una giornata come questa li bullo del corridoio non mancò di infierire, come la proff di matematica, tutto davanti agli impenetrabili occhi di Lucia. ….e di nuovo la bidella che si lamentava se perdeva segatura per i corridoi puliti… il ritorno a casa non fu meno traumatico, Orsacchiotto non si fece vivo, e quando arrivò l’autobus alzò un muro d’acqua proprio davanti alla fermata, proprio davanti al nostro RobertoPlant. Una volta giunto a casa la madre si incazzò per i pantaloni sporchi e lo mandò dritto sotto la doccia; e mentre l’acqua scorreva sulla pelle un solo pensiero attraversava la mente del nostro RobertoPlant:"Certi giorni puoi svegliarti dell’umore migliore ma se le cose devono andare male nulla potrà farle andare meglio.. nemmeno i calzini porta fortuna con i paperotti…
 
Alla prossima puntata di C’era una volta gente, e sono sicuro piacerà assai alle fanciulle.
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C’era una volta 6

Uscendo dal portone del palazzo di RobertoPlant, e girando a sinistra, si prosegue per due isolati, poi si attraversa la strada, e si svolta a destra, dritto ancora un isolato e poi c’è il parco con il parcheggio, parcheggio dove il sabato mattina c’è il mercato.. il primo sabato del mese però oltre al mercato comune, ci sono bancarelle di ogni tipo e attrazioni eccezionali. RobertoPlant, quel sabato mattina si era svegliato insolitamente presto: le 9:30 di sabato mattina erano l’alba per lui… allora decise di fare un giro al mercato poco distante. era il primo sabato del mese di novembre e faceva insolitamente caldo, il mercato era infestato da gente stranissima, presto scopri che anche lo Stregone della Birra aveva un banco, un banco molto apprezzato sopratutto dai punk della zona che non conoscevano metodo migliore per cambiare colore ai capelli.. meglio bere una birra che perdere un pomeriggio a tingersi… lo stregone credeva ancora, che semplicemente la sua birra fosse la migliore. Non si era reso conto che la birra da lui prodotta avesse effetti collaterali. RobertoPlant adorava fermarsi a sentire i ciarlatani, lo facevano morire dal ridere… dotati di microfono e altoparlante facevano suonare la loro nenia "Avanti signora! venga, provi l’eccezionalità di questo piccolo ma eccezionale oggetto, come può notare in realtà non è tanto piccolo, ma il suo prezzo è piccolissimo, nulla in confronto al piacere che le può dare con un paio di semplici batterie.. forza signora guardi come vibra, non si lamenterà più dell’impotenza di suo marito.. e anche tu marito impotente, non sei stufo di deludere la tua signora? regalagli VIBRELLO e il vostro amore sarà più bello!… " questa era una bancarella per adulti ovviamente, poi c’erano bancarelle più usuali.. "GRATTUGGIA, TAGLIA, TRITA, SMINUZZA, e non è ancora finita signora, guardi che magia, la graticola non si rovina, lei lo userà questo oggetto per fare a pezzi i suoi ortaggi, ma la lama è superresistente, e glielo dimostro ora, grattuggiando questo pezzo di cemento armato, e guardi! si squaglia come fosse un cracker, questo non significa che lei ci debba grattuggiare il cemento armato, ma è per farle capiere, signora mia, che questa è una grattuggia superresistente, e la potrà usare per tutta la vita, con una facilità estrema…GRATTELLA SIGNORA MIA, A QUESTO PREZZO è UN REAGALO, FORZA SIGNORA!… perchè Grattella… è per sempre…" e tanti altri come questi… Quella mattina, in un altro angolo del mercato, un misterioso artigiano orientale si sedette al bordo di un marciapiede, e iniziò a intrecciare foglie. Le foglie si intrecciavano, dalle mani dell’artigiano nascevano insetti di foglie. Anche RobertoPlant decise di mettere in piedi un banchetto con Orsacchotto, si vestì da mago, ed iniziò ad urlare di essere un venditore di cose d’altri pianeti; cose che Orsacchiotto si procurava nei suoi viaggi iperspaziali… La gente inizialmene si accalcò, poi si effettuò uno spiacevole errore, ad un tizio cadde il cappello in un varco iperspaziale di Orsetto che si chiuse subito dopo. Purtroppo Orsacchiotto non fu in grado di recuparare il cappello e la gente iniziò a bollarli come truffatori. Ad un tratto accadde una cosa strana: da una porta iperspaziale aperta uscirono a tutta velocità due schegge gialle, che si schiantarono su due degli insetti dell’intrcciatore orientale. Gli insetti colpiti iniziarono a muoversi. ora avevano preso vita propria. Putroppo questi insetti avevano dimensioni maggiori del normale, e la gente scappò spaventata. RobertoPlant fece finta di niente, fece sparire alla svelta il suo banco e scappò, il primo insetto colpito, invece, riusì a stappare il filo che lo teneva legato, ed iniziò a far dilagare il terrore per la città a lui sconosciuta. Città a lui ancora non pronta. Alla fine l’insetto fuggi in uno dei varchi iperspaziali di Orsacchiotto che lo aveva ingenuamente lasciato aperto. L’insetto si ritrovò  su un altro pianeta, gli abitato dai forme di vita indigene vegetali. Subito queste riconobbero in lui un essere superiore e lo incaricarono di proteggere la popolazione di vegetali. L’altro insetto che si era animato seguì RobertoPlant fino alla finestra di camera sua, senza fermarsi un attimo, nemmeno per ricordarsi di essere stato un oggetto inanimato. Alla fine riuscì a rubare un pensiero a RobertoPlant, e chiese un riscatto di un vaso di terra feconda e un bicchiere d’acqua. RobertoPlant non sapendo nemmeno che ricordo gli fosse stato tolto e visti i toni strafottenti dell’insetto, fu tentato di mandarlo al diavolo, poi vista l’esiguità del riscatto decise di pagare, strappando all’insetto la promessa di spareire subito dopo. Nonappena l’insetto ricevette il riscatto RobertoPlant si ricordò cosa aveva mangiato a cena il giorno prima, un pensiero abbastanza inutile, avrebbe voluto protestare, ma l’insetto mantentedo la promessa era già sparito, e RobertoPlant non ne seppe più nulla. L’insetto diventato re sul pianeta dei vegetali invece, fece un tentativo di invadere ed impadronirsi della Terra. Purtoppo per lui i conti erano mal fatti e appena giunto sulla terra, l’esercitò ortofrutticolo fu smembrato e venduto da un fruttivendolo del mercato per 3 euri al kilo circa, con qualche variante di prezzo di frutto in frutto e verdura in verdura…
RobertoPlant canticchiava quel giorno, e scriveva una lettera ad un destinatario sconosciuto.
 
Ciao gente alla prossima puntata di C’era una volta.
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lo spaventapasseri e il cavaliere.

Bene vi racconterò della storia del cavallo senza testa e del toporagno morto vivente…. no ho cambiato idea, vi scrivo di quando uno spaventapasseri battè a duello un cavaliere ubriaco:
Era una notte stellata, con la luna a mezza falce che si nascondeva dietro l’unica nuvola di quella nottata. E in un campo di grano uno Spaventapasseri che aveva avuto decisamente una brutta giornata: i passeri si spaventavano, ma i corvi avevano paura di poche cose, e non di uno spaventapasseri; in compenso aveva affilato il forcone che il contadino gli aveva lasciato per fare spiedini di corvo… "luridi uccellacci, gronderete sangue da questo forcone…" pensava forte lo Spaventapasseri.
Quella stessa notte Ser. Silvio, un vecchio pazzo, basso e pelato, che aveva acquistato un titolo nobiliare ad un noblie in rovina, uscì dall’osteria di Arcore ubriachissimo, e con una gran voglia di prendere a calci un povero qualsiasi, meglio se comunista. Era arrabbiato perchè all’osteria aveva litigato con un budino al cioccolato con delle scarpe di plastica rosse e con una mortadella con gli occhiali parlante.
Ser. Silvio si avvicinò ad un gruppo di comunisti chiamò i suo 3 compagni di sbronza: Ignazio, Maurizio e Francesco detti tra i camerati rispettivamente LaRu, Gasp e Stor, i tre dispersero i comunisti a suon di manganellate, lacrimogeni e olio di ricino, Ser Silvio vide il Ciao di uno dei comunisti e disse: "é mio!".
Quindi si diresse a cavallo di un Ciao, rubato crudelmente ad un comunista, per le strade di campagna fino a quando le luci della città furono lontane e ad illuminare la via restavano le luci delle stelle, fu li che incontro lo spaventapasseri con un forcone in mano, nella penombra notò la sua maglia rossa, lo scambiò per un comunista, e gli diede contro con la catena del motorino.
Solo che il primo colpo, dato nel pieno petto dello spaventapasseri, fece cadere il braccio che impugnava il forcone, proprio sulla testa di Ser. Silvio, il quale rimase tramortito fino al mattino con la pelata rigata di sangue e lo spaventapasseri che non lo abbandonava un istante. Ser. Silvio non sapeva cosa fare, vedeva quel "comunista" violento che lo guardava con rabbia, e in effetti era vero, lo spaventapasseri era molto incazzato e pensava: "Brutto stronzo bastardo, ora che hai fatto cadere il forcone affilato dalle mie mani di paglia non potrò più infilzare i corvi!!!"… Ser Silvio avrebbe voluto chiamare i suoi avvocati, ma il cellulare non prendeva, fu una notte di panico per il cavaliere Ser. Silvio, in scacco di uno spaventapasseri. Non posso che augurargliene altre. Buona notte.
 
Questo è parto della mia ancora fervida fantasia, ogni riferimento a persone, cose o fatti realmente accaduti è da ritenersi puramente casuale, quindi chi ha proteste da fare le faccia pure, ma è pregato di evitare insulti, e cose che imbrattino i commenti, se saranno critiche civili, le accetterò e le lascierò sul blog senza problemi.
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C’era una volta 5

Quel pomeriggio il tempo era capriccioso, le nuvole non coprivano tutte il cielo ma erano nuvole nere, magari in un punto di una piazza pioveva a dirotto e nell’altro no.. RobertoPlant aspettava Lucia gli aveva detto che sarebbe arrivata alle 17:00 ovviamente RobertoPlant aspettava in piedi sotto il porticato della piazza dalle 16:00. prima di andare era passato da casa a togliersi i sandali da spiaggia e il bracciolo, ovviamente non c’era stata la possibilità di lasciare a casa Orsacchiotto. mentre arrivava alla piazza RobertoPlant pensava a come si sarebbe dovuto comportare.. Lucia gli piaceva e gli sarebbe dispiaciuto fare figure di merda, anzi avrebbe voluto essere un po’ brillante, e per questo si era portato tutti i risparmi messi via con le mance delle nonne. voleva farle un regalo, ma i fiori gli sembravano scontati, i cioccolatini pure, quindi optò per una scatola di camomille profumate, e per una pianta di pomodori… di sicuro erano un idea originale, certo la pianta era ancora in semenza, avrebbe voluto prenderle un vaso, ma era scomodo da portare, sopratutto per via del tempaccio. ad un tratto iniziarono a piovere colori ad olio anzichè acqua, e tutti corsero a ripararsi.. RobertoPlant iniziava a mal sopportare questi cambiamenti climatico-artistici, dio sarà anche un gra pittore, ma poteva fare un po’ più di attenzione con questi colori.. se non altro non sono piogge acide, nei punti che sono venuti male accadono a volte, e cancellano la parte di realtà che bagnano… Orsacchotto iniziava a rompersi le palle e quindi si mise a sentire un disco sul lettore portatile, quando ad un tratto l’aria divenne profumata, e da dietro un angolo spuntò lucia… e la sua migliore amica, cessa, perchè la migliore amica di una bella ragazza di solito è un cesso. Questo RobertoPlant lo sapeva, sperava solo che non se la tirasse dietro. Roberto Plant accennò questa cosa ad Orsacchiotto prima che fossero a portata di bisbiglio, Orsacchiotto gli disse di stare tranquillo che ci avrebbe pensato lui… le due ragazze arrivarono a tiro, si salutarono e iniziarono a passeggiare sotto i portici, arrivati al primo angolo della piazza orsacchiotto aprì un varco iperspaziale proprio davanti all’amica cessa di lucia, questa ci finì subito dentro e Orsacchiotto lo richiuse subito, in un batter di ciglia l’amica cessa di Lucia si ritrovò nella sua camera senza capire cosa era successo. nemmeno Lucia capì, ma in questo modo RobertoPlant, Lucia e Orsacchiotto continuarono la loro strada, ora che erano un po’ intimi RobertoPlant diede i suoi regali a Lucia. Lucia si mostrò entusiasta delle camomille, ma capì meno i semi di pomodori… in ogni caso li pianterà in un vaso sulla sua finestra, e vedendoli germogliare qualche mese dopo riuscirà a dare un senso quel regalo, e ne resterà estasiata. Il volto di lucia brillava di luce propria, RobertoPlant non riusciva a capire se l’incontro andava bene o no, ma spesso vedeva Lucia ridere con naturalezza, e questo gli sembrava un elemento positivo… "ale che vada si sarà divertita alla fine di questo incontro" pensava RobertoPlant.. il Nostro aveva i capelli verdi e sparati quel giorno, a Lucia piacevano quei misteriosi capelli che cambiavano colore tanto rapidamente, gli piaceva mettere le mani tra quei capelli, e a RobertoPlant piaceva molto il tocco dolce delle mani di Lucia.. il suo sorriso era salubre e RobertoPlant si sentiva meglio solo guardandolo, "chissà che sta succedendo, in ogni caso mi sento benissimo" pensava il nostro amigo, ad un tratto il porticato della piazza era finito.. RobertoPlant ovviamente non aveva l’ombrello, Lucia si, lo aprì, prese sotto braccio RobertoPlant, e lo strinse a se sotto il suo ombrello.. i colori a olio non erano pericolosi, ma sporcavano molto. le state della piazza principale sotto la battente pioggia di colori ad olio erano le uniche a guadagnarci: colorandosi acquistavano vita, e potevano muoversi e parlare liberamente, perchè i colori sono quelli della vita,  purtroppo prima di smettere di piovere piovere ricominciava sempre a piovere acqua, che lavava via il colore, e che faceva ritornare le statue immobili e prive di vita. ogni tanto qualche Statua riusciva a riparasi prima che ricominciasse a piovere acqua e se riusciva a far asciugare il colore poteva restare viva fino al primo bagno o alla prima doccia. il sindaco impazziva per questa cosa, sopratutto quando le Statue riuscivano a scappare. Lucia perse una fotografia del suo gatto dalla borsa, una di queste Statue se ne accorse, gliela raccolse e li inseguì per darglieli. purtroppo i nostri amici avevano finito il loro tempo, Lucia doveva tornare a casa, e robertò l’accompagnò, purtroppo la Statua non era molto veloce, a stare ferma le si pietrificavano le aritcolazioni e quindi non riuscì a raggiungere Lucia in tempo. mentre si trovavano in un tratto porticato, si mise a piovere acqua e quando uscirono dal porticato non pioveva più, la Statua rimase viva.. quando la Statua raggiunse RobertoPlant Lucia era già rientrata, allora la statua blocco RobertoPlant, solo che non riusciva a spiegarsi, le statue hanno un gran vocabolario, ascoltando tutti coloro che gli passano intorno, purtroppo faticano a parlare perchè non sono abituate, RobertoPlant non la capiva, allora la Statua staccò un manifesto elettorale dei Verdi, lo girò e sul retro bianco del manifesto, fece un ritratto di Lucia con dei colori depositatisi in un paio di pozzanghere. La Statua dipingeva molto bene, il suo scultore era anche pittore.. RobertoPlant capì la statua dopo aver visto il ritratto, tenne il ritratto e per ringraziare la gentilezza della stata gli regalo una scatola di colori ad olio e un pennello in modo che si potesse ricolorare se perdeva colore e se rischiava di tornare a bloccarsi, inoltre le regalò anche un ombrello per ripararsi alla pioggia successiva, la statua ringraziò e si trovò un lavoro al parco, ovviamente faceva la statua vivente, come molti attori, ogni tanto dipingeva se aveva abbastanza soldi da comperare i colori, era bravissima.
Ora RobertoPlant aveva un pretesto per rivedere Lucia, gli doveva riconsegnare la fotografia, e gli voleva anche regalare il bellissimo ritratto che gli aveva fatto la Statua. ma questa è un altra storia e se ve la racconto ve la racconto un altra volta, vi basti sapere che Lucia era rimasta molto ben impressionata da RobertoPlant.
Ora ciao, e alla prossima puntata di C’era una volta.
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